Alle poste

Scrivendo questo post mi metto seriamente a rischio verso alcune persone che potrebbero aver voglia di strangolarmi. Però vi imploro, io non ce l’ho con nessuno, dovevo solo spedire una cosetta dalle Poste.

C’è tipo uno sciopero o non so che, o comunque hanno carenza di personale agli sportelli delle poste; sono giorni che devo spedire un libro, una roba da un minuto, e c’è una coda infinita, ieri pomeriggio sono stato tipo un’ora in coda (tempo buttato, poi vedrete)

Non ci sono slot per prenotarsi online ad orario preciso come prima, però puoi prendere il numeretto anche prima di arrivare e ti dice quanta gente sta in fila e che numero passa

C’è un evidente problema organizzativo nel fatto che all’ufficio dove sono stato c’era la fila prima di prendere il numeretto nell’ufficio

Forse avete già capito dove andremo a finire

Il primo giorno non avevo visto questa cosa ed ero solo andato in fila; vedendo il ritmo e la tipa che diceva che molto probabilmente non saremmo passati, me ne sono andato dopo poco.

Il secondo giorno ho preso il numeretto mentre andavo, dunque circa 10 minuti prima. Mi sono comunque messo in fila perché non si sa mai, e ho aspettato penso quasi un’ora. Fortunatamente avevo da leggere

Ovviamente la tipa dell’ufficio spiegava lla gente in fila che c’era anche questo “problema” di chi prendeva il numero online, con le comprensibili proteste di chi stava in fila senza numeretto

Oggi ho adottato un’altra strategia. Anzitutto sono andato in un ufficio in altra zona dove mi trovavo per altri motivi, tanto per vedere se magari c’era meno fila. Non c’era meno fila.

A questo punto guardo quanti numeri ci sono davanti a me al mio ufficio postale di fiducia™️: 30 persone circa. Il giorno prima ce n’erano tipo 50

Qui parte la questione più delicata, in cui devo sfoggiare il meglio delle mie doti logistiche. Se prendo ora il numeretto e la fila scorre troppo rapidamente, non arriverò in tempo e rimarrò fottuto come uno dei poveracci in fila. Se prendo il numeretto quando sono ormai vicino all’ufficio dovrò aspettare chissà quanto e magari sorbirmi i battibecchi della fila.

Mi vengono i flashback di ieri: una signora che stava decisamente avanti nella fila, probabilmente da ore, discute con la tipa dell’ufficio:

“dovete fare qualcosa!”

“Ma signora io non posso farci niente; abbiamo pochi sportelli aperti, ci sono colleghi che sono positivi e non possono venire, lo sciopero..”

“eh ma la direttrice potrebbe fare qualcosa!” (Cosa di preciso? Non è dato saperlo)

La signora capisce evidentemente che non potrà avere supporto ulteriore dall’impiegata, perciò decide di rivolgersi alla platea: “dobbiamo farci sentire! Scriviamo tutti su *Facebook*!”

La signora prosegue la sua arringa, sbraitando sul fatto che *se ci facciamo sentire tutti ci dovranno ascoltare*

Il pubblico non è convinto più di tanto; qualcuno borbotta frasi che negano questa speranza di cambiamenti dal basso

La signora finisce il suo comizio.

Ora capite che in questo clima io mi stavo ponendo a rischio allo stare in fila avendo però già il numeretto. Se per caso fossi potuto entrare prima della signora sicuramente questo avrebbe risvegliato i suoi superpoteri, e questa sarebbe stata la sua origin story in quanto supervillain. Mi immagino i titoli del PCU, Postal Cinematic Universe, con Pierfrancesco Favino nei panni di Centurione Maximus, il nostro capitan America che deve stare però attento a non strizzare troppo l’occhio all’estrema destra.

Sono scoraggiato ma anche curioso di vedere cosa c’è dentro l’ufficio. Immaginatevi che la fila era lunga circa una ventina di metri (con esiguo distanziamento, ma all’aperto almeno); se la fila fuori è così, dentro quanta gente c’è?

Ormai in cuor mio avevo deciso di andare via, perciò cerco di avvicinarmi all’ingresso, con il fare meno minaccioso possibile in modo da non rischiare di far pensare che stessi entrando con il vile intento di passare avanti. Dentro non riesco a vedere granché, mi sembra tutto normale. Ormai non mancherebbero nemmeno troppi numeri al mio, ma cedo e batto in ritirata.

Arrivato a casa controllo il numeretto e vedo che è passato, quindi sarei riuscito a passare entro una mezz’ora da quanto sono andato via.

Sono stato troppo attento a non cadere nella sunk cost fallacy e sono caduto vittima.

Ma torniamo a stamane. Devo dunque calcolare il mio tempo di arrivo alle poste, ma soprattutto calcolare quanto ci mettono i numeri a scorrere. Avere una certezza è naturalmente impossibile. Soprattutto devo stare attento: se calcolo male i tempi e arrivo prima del mio numero posso aspettare, ma di certo se calcolo male i tempi arrivando dopo non posso far niente. Di sicuro non posso chiedere di passare con la folla inferocita dietro...

La mia stima inoltre è resa più difficile dal fatto che sono in una zona che non conosco bene...Alla fine decido che mi conviene sfruttare i dati che conosco meglio. So che più o meno dal capolinea dell’autobus ci metterò 30-40 minuti, dunque valuterò lì. Nel mentre che mi avvicino rifletto sul fatto che certamente è possibile che man mano che l’ora di pranzo si avvicina la fila potrebbe aumentare più rapidamente. E se fosse già troppo tardi per prendere il numero? Finirò per dover aspettare per ore? Il problema è che non posso sbagliare in difetto, perciò rimango sulla strategia originale.

Sono al capolinea. L’autobus c’è. Incredibilmente parte dopo pochissimo. Io decido di segnare il mio destino, e prenoto il numeretto.

Sulla pagina delle poste c’è scritto “sei nei pressi dell’ufficio postale?”

Mi sento un pochino in colpa.

Potrei usare mille scuse. “sei nei pressi” è una domanda piuttosto vaga. Sono nei pressi rispetto a un ufficio postale a Milano. Sono nei pressi perché sono sul pianeta Terra, sono nella via Lattea, insomma, ci sono miliardi e miliardi di persone che sono meno “nei pressi” di me. Però sono scuse, lo so.

Ripenso però alla fila che ho fatto i giorni scorsi. La mia pena l’ho scontata, diamine. Prendo il numeretto.

Il tragitto prosegue tranquillo, non c’è traffico. Ogni tanto controllo i numeri, che scorrono come previsto. Ormai sono vicino, e pian piano mi rendo conto però che mancano davvero pochi numeri.

Sto rischiando. Man mano che mi avvicino alla meta le mie stime di orario sono più precise, e mi viene il dubbio se ce la farò. Devo anche fare un cambio di autobus. E se non passasse?

Vi prego, vi prego. Devo assolutamente spedire questo pacchetto. Ci metto un minuto, sarò velocissimo, non disturberò nessuno, però diamine fatemelo spedire, fate passare sto autobus.

Eccolo. Il 90 non delude mai. Se c’è una cosa che funziona a Roma è il 90. Vabbè, magari non funziona proprio sempre sempre, però io mi accontento eh. Salgo sul santo 90. Ormai mancano 4 numeri prima del mio.

Mi viene un dubbio madornale: dove devo scendere? Fa la fermata accanto all’ufficio? Se sbaglio fermata sono un uomo morto. Cioè pensa se mi passa il numeretto solo perché sbaglio fermata. Sarebbe ridicolo. Controllo la fermata sulla app, che tra l’altro ho cambiato, quella che usavo prima per i mezzi è ormai vittima del dio delle pubblicità, divoratore ingordo di mondi digitali.

I numeri scorrono intanto...ma eccomi! scendo dal bus. La fermata è giusta. Mi oriento un attimo. controllo il numero...ne mancano due! sulla pagina mi scrive “puoi entrare!” il simbolo rosso di divieto d’accesso è diventato una freccetta verde. Mi avvicino e passo accanto alla coda.

Mi sento un po’ un privilegiato, tipo quelli che hanno l’imbarco prioritario in aereo, mentre la plebaglia attende in una lunga fila. Mi sento un nobile di un’epoca ormai finita, e cerco di non guardare troppo le persone in fila, che qua è un attimo che qualcuno organizza una ghigliottina come ai tempi andati.

Davanti la porta c’è un piccolo assembramento, vietatissimo, ma fortunatamente un’altra signora sta cercando di passare, perciò posso entrare come un ladro al suo seguito senza destare sospetti.

È fatta.

Non penso sarò mai un ladro professionista, ma sono sicuro di sapere come ci si sentirebbe ad entrare finalmente nel caveau di una banca e potere osservare le pile di lingotti d’oro. Che poi molto probabilmente nelle banche vere non funziona più così e il mio immaginario è dettato dalle letture di Topolino..ma non c’è tempo per occuparsene, hanno chiamato il numero prima del mio. Ci sono quasi!

Una signora seduta in attesa si lamenta che il suo numero non arriva mai, che scorrono altri numeretti..cerco di non fare attenzione. Nel frattempo noto che alla chiamata del numeretto prima del mio non ha risposto nessuno. Sicuramente è stata una persona nella mia stessa situazione che però ha calcolato male i tempi. Pff, principiante.

E finalmente eccolo. Eccolo qui. P26. Sono io. SONO IO! Vorrei urlare per farlo sapere a tutti, tutti dovrebbero sapere che il numeretto P26 CE L’HO IO, ED È IL MIO TURNO CAZZO. E NESSUNO ME LO PUÒ RUBARE.

Purtroppo sono timido, e soprattutto ho paura che il tipo scorra avanti i numeri. Mi affretto verso lo sportello.

E niente, come dicevo la mia spedizione avrebbe occupato a malapena un minuto. In pochissimo ho spedito il mio beneamato pacchetto, e posso uscire vittorioso.

La signora di prima dice che sono 3 ore che aspetta...signò, mi dispiace, mi dispiace davvero, ma pure io sono vittima del sistema capisce? E non ho fatto niente di illegale, la prego, non mi noti, non abbia rancore..ma poi manco è colpa degli impiegati lì, è colpa..boh, di chi è la colpa? non lo so

Non lo so signò, la colpa è del sistema. Ma non ho tempo di dirle queste cose, perché si è fatta una certa e devo andare a pranzare che c’ho fame. Buona fortuna signora, le auguro che il suo turno arrivi presto. D’altronde non tutti riescono a stimare i tempi bene come me.