Non vorrei essere lì a scegliere
sul voto al "meno peggio" in USA (ma anche in generale)
Hello peeps!
Questa è ora di pensiero (nome work in progress) la newsletter in cui vi racconto i miei pensieri sul rapporto tra la tecnologia, l'AI, il mondo di internet e gli umani, e vi dico le cosine belle su internet che ho visto ultimamente.
Mi trovate anche su Instagram, Threads, e su YouTube (presto spero in nuovi video lunghi).
Sicuramente lo sapete: domani si vota in USA, in questo anno in cui tipo metà della popolazione mondiale vota, ed è ovviamente una elezione molto importante:
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quando qualcuno si lamenta di ciò che l'UE fa per il clima, spesso si chiede "ma la Cina? Ma l'India?" dimenticando che gli USA hanno una grossa impronta pro capite di emissioni.
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L'IRA fatto da Biden è un buon passo dal punto di vista ambientale, ma bisogna ovviamente proseguire sulla rotta, e così via per tanto altro...Vabbè non serve che vi dico io che le elezioni USA sono importanti dai
Il pensiero di oggi è sulla scelta di votare il meno peggio — quel dilemma che chiunque da noi in Italia ha votato PD conosce molto bene — e che in USA è accentuato all'ennesima potenza, visto il loro bislacco sistema di grandi elettori che non sono fisicamente elettori molto grandi.
E proprio perché accentuato all'ennesima potenza, trovo che sia interessante considerarlo anche per noi.
Guardiamolo quindi oggi dalla lente di cosa si dice sui social.
Per una serie di motivi di fatto l'elezione USA è sempre contesa tra due partiti, i democratici e i repubblicani, anche se in realtà esistono dei candidati di terze parti.
Che però...non hanno speranze. La candidata principale oltre Harris e Trump è Jill Stein, dei Green americani (che non sono affiliati agli altri partiti verdi tipo Europa Verde, ma poi ci torniamo).
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Come è buona pratica per le sinistre perennemente divise, si discute molto se votare Stein abbia senso, oppure se levi voti ai Democratici e quindi favorisca Trump.
Il timore è in realtà abbastanza fondato: nel 2016, quando vinse Trump per la prima (e spero l'unica) volta, in certi stati il margine di vittoria di Trump fu minore dei voti ricevuti da Stein (sì, anche nel 2016 era candidata); si ipotizza che senza Stein quei voti avrebbero permesso ai democratici di vincere.
Se andiamo ancora più indietro, in un altro grande periodo per i verdi in USA troviamo un ulteriore esempio: Ralph Nader, candidato nel 2000 per i verdi contro Bush per i repubblicani e Al Gore per i democratici.
Prese un sacco di voti in stati come la Florida in cui Bush vinse per davvero pochissimo (~97000 voti a Nader in California, con una vittoria di Bush per soli 537 voti). Anche lì, si ipotizza che senza Nader avrebbe potuto vincere Al Gore.
Insomma, il leitmotiv sui candidati terzi è che la loro presenza favorisca di fatto il candidato più lontano da loro, "rubando" voti al candidato più popolare più simile. Cose che abbiamo indubbiamente sentito anche da noi.
Se da una parte penso sia evidente che questo fenomeno avvenga, dall'altra quanto cavolo è umiliante sentirselo dire?
Cioè immagina che tu vuoi genuinamente fare letteralmente il massimo per il tuo paese: candidarti e metterti in prima linea in politica, e che ti dicono? Che sarebbe meglio che ti facessi da parte perché levi voti a qualcuno? Qualcuno con cui evidentemente c'è una sufficiente differenza che fa sì che tu non sia già dentro quella campagna...brutto no?
Qui mi inserisco con una interessante intervista a Jill Stein di Mehdi Hasan, giornalista fondatore di Zeteo, un interessante nuovo media che vi avevo segnalato in passato. Hasan dopo aver lavorato a MSNBC fa questo nuovo esperimento su Substack in cui si occupa molto del medio oriente.
Intervista Jill Stein, e tra le domande le chiede se durante la presidenza Trump si sia pentita della sua candidatura che potrebbe averlo fatto vincere, e se quindi ora pensa che lo sta favorendo.
La risposta di Stein è che non può essere responsabile delle altre campagne, e che se qualcuno sceglie di votare lei e non Harris la responsabilità deve essere nella campagna democratica che sta fallendo con degli elettori. L'intervista ve la consiglio tutta, la trovate qui. Hasan forse a volte è troppo duro, ma fa domande concrete e interessanti:
(side note: ho 3 abbonamenti regalo di un mese a Zeteo; se vi interessa scrivetemi e vi mando un codice! penso sia una realtà interessante).
Ma a questo punto capiamo un po' meglio perché una persona di sinistra potrebbe voler votare per Stein invece che per Harris. In sintesi, Harris per quanto democratica, è di fatto una candidata che non rompe il sistema, anzi.
Riguardo alla situazione palestinese in particolare Harris è piuttosto accomodante verso Israele, e ha più volte mostrato il suo supporto a Israele.
Per molte persone, questo è (comprensibilmente) inaccettabile.
Stein dall'altra parte sostiene molto di più la causa palestinese, ed è uno dei suoi cavalli di battaglia vista la rinnovata prevalenza della situazione in medio oriente in quest'anno (ovviamente sappiamo che tutto inizia ben prima del 7 ottobre scorso).
In tutto ciò, il candidato favorito da Netanyahu è Trump, e questo ci dice tutto.
Anche sulle questioni ambientali e sociali interne, Stein appare più 'di sinistra': Harris ha dichiarato esplicitamente che non vuole bandire la pratica del fracking, una roba obbrobbriosa a livello ambientale ma che in Pennsylvania impiega lavoratori, e la Pennsylvania è uno dei campi di battaglia principali. Vedetevi la puntata di Bojack Horseman sul fracking.
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Diciamo che, come da titolo, non vorrei essere lì a dover scegliere, perché ci sono evidentemente diverse posizioni di Harris con cui non concordo, ma allo stesso tempo so che Stein non potrà mai vincere in nessun universo.
Sui social ho visto un susseguirsi di opinioni che oscillano tra: “bisogna votare per Harris perché è il male minore” e “è inaccettabile votare per Harris perché supporta un genocidio”, il tutto in mezzo al mare di personaggi pubblici che fanno endorsement ai candidati.
Vi segnalo un bel video di Chappell Roan estremamente arrabbiata sulla situazione:
sceglie di non dare un endorsement a Harris, ma dice che ovviamente Harris è meglio di Trump e che la voterà, ma che non può dare un endorsement perché i democratici hanno comunque molti problemi.
(unrelated, ma sono in fissa da giorni con super graphic ultra modern girl)
Substack dice che se metto un pulsante per iscriversi vi iscrivete. Dimostriamogli che ha ragione?
Vi segnalo un paio di contenuti che secondo me si esprimono benissimo sulla questione. La prima è bimbo university (pazzesca seguitela):
@nikitadumptruckthe two party system is flawed but sadly we cant fix it in 3 months #news #politics #election2024 #trump #kamala #brat
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Qui racconta quello che dicevamo: i candidati di terze parti hanno finito effettivamente per svantaggiare la parte a cui erano più vicini: votare tappandosi il naso Harris non vorrebbe però dire finire accontentandosi ma iniziare a spingere affinché unisca la sinistra, che è ciò che è diviso; “not me, not hermione, the left”. Nella caption scrive: il sistema dei due partiti è imperfetto, ma non possiamo aggiustarlo in questo poco tempo.
E in effetti, un'altra delle critiche fatte a Stein è che secondo alcuni non farebbe abbastanza tra un'elezione e l'altra per ampliare la piattaforma del suo partito nel resto dell'amministrazione; non ha per esempio nessuno del suo partito nel congresso americano.
In un altro video spiega: “votare per Kamala è imbarazzante, sarà umiliante e ti spezza il cuore (...) me ne vanterò? no. Ho alternative? nemmeno.”
@nikitadumptruckhere is why im doing what im doing. If you agree, cool! If u dont, i understand #election2024
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Allo stesso tempo, riconosce che con Harris avrà la possibilità di manifestare dissenso. Trump, dall'altra, vorrebbe impiegare l'esercito per reprimerlo.
Fa notare che il partito di Stein in un certo senso riemerge ogni 4 anni solo per l'elezione presidenziale ma che di 500 000 ufficiali che vengono eletti negli USA a vari livelli, i Greens ne hanno solo 149.
E fa anche notare che nonostante effettivamente anche Harris supporti Israele e i democratici abbiano dato risorse allo stato che ha ucciso più di 40 000 palestinesi, ci sono delle realtà all'interno dei democratici che non supportano il genocidio e che potrebbero proseguire un lavoro per spingere Harris in modo più deciso.
Torniamo brevemente all'intervista di Hasan a Stein. A un certo punto gli chiede: in che modo, praticamente, un voto per Stein risulterebbe nella fine del genocidio? La risposta è di fatto che il risultato dei Green sarebbe un messaggio per chi vince affinché capisca l'importanza della questione per gli americani. Ma siamo sicuri sarebbe un messaggio efficace? (Secondo il video di Nikita, no).
Uno dei temi di chi propone un voto per Stein è che Democratici e Repubblicani sarebbero ugualmente problematici e ugualmente deplorevoli. Nell'intervista Stein lo sostiene in parte, arrivando alla fine a dire che non sono sufficientemente diversi.
Capisco bene la sensazione, e penso che la capiate anche voi.
È più elaborata del semplicistico “sono tutti uguali, è tutto un magna magna”.
È disillusa. È la sensazione non di una persona che non guarda oltre la copertina da lontano, ma è la sensazione di quando apri e vedi che quello che c'è dentro non è quello che ti aspetti, non è abbastanza.
Seguendo questa linea, si parla del fatto che sia Democratici che Repubblicani costeranno vite di palestinesi, e che votare democratico tappandosi il naso sarebbe l'ennesima richiesta di mettere in secondo piano delle vite umane, ed è un sentimento che comprendo.
Dall'altra parte, non penso che sia vero che Democratici e Repubblicani non siano abbastanza diversi.
È vero che quando si dice che i Democratici USA sono di sinistra (o peggio, che Harris sarebbe comunista) mi viene da ridere, ma è anche vero che mi viene da piangere quando qualcuno dice che Trump non è di estrema destra.
Sempre nel video di Bimbo University, Nikita fa notare che una seconda presidenza Trump avrebbe impatto su tante vite: sulle persone queer e in particolare sulle persone trans, sulle IVG, sui migranti.
Per me non ci sono grandi dubbi che per tante minoranze la vita sarebbe meglio con Harris, rispetto all'uomo che ha invitato un "comico" che ha chiamato Puerto Rico un'isola di spazzatura.
Altro video che vi segnalo è quello di questo uomo dei boschi, Jack WatchfulCoyote, che fa dei contenuti totalmente antisistema: esce dalla logica del contenuto dinamico, urlato e rapido, e lo fa con dei video calmissimi e ragionati, in cui non è nemmeno al centro del frame: è tipo l'anti-MrBeast, e lo apprezzo tanto.
La sua analisi è simile:
è vero che Stein non è responsabile delle posizioni dei democratici che allontanano dal votarli, ed è vero che un voto per Stein non è un voto per Trump. Allo stesso tempo, un voto per Stein realisticamente avvantaggia Trump: abbiamo una bilancia a due piatti.
E sì, dovremmo distruggere questa bilancia con questo sistema assurdo e distorto, ma allo stesso tempo fintanto che questa bilancia esiste siamo responsabili di come posizioniamo il nostro peso. Poi parla di accelerazionismo, vi consiglio di concludere sul video.
Nikita prosegue il suo invece dicendo che una rivoluzione non si fa in una decina di giorni.
E fa un'altra considerazione che mi ha fatto riflettere: il suo voto per Harris non è l'obiettivo, non è il traguardo. Dice invece che è una tappa per il suo traguardo, che è pace a Gaza e in Libano, preservare la terra e diminuire i fondi all'esercito per ridistribuirlo alle comunità.
E che questi obiettivi sono più facili da ottenere con un presidente che non ha negato il cambiamento climatico e che non è il preferito di Netanyahu e che non minaccia di mandare l'esercito contro i manifestanti.
Bernie Sanders, cucciolo, ha pubblicato la scorsa settimana un video che espone la stessa posizione. Certo, gli hanno messo lo schermo in un modo tale che sembra un po’ un robot, però va bene lo stesso dai.
Anche Michael Mezzatesta, che è uno dei miei creator preferiti (seguitelo) dice “quando voti non scegli il candidato che risolverà tutti i tuoi problemi”, ma “quello che stai scegliendo è il contesto in cui lotterai per i prossimi anni”.
La dottoressa Anna Marie parla della necessità di una teoria di cambiamento coerente e della perenne divisione della sinistra. "In politica non basta "avere ragione" ma bisogna avere strategia e ottenere il potere".
@thatannamarieOn theories of change, or “what is the plan?” #vote #vote2024 #voting #internet
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Nel video conclude proponendo di fare comunità 'offline' invece che online, dove l'ambiente è così sfaccettato da ostacolare una tensione produttiva alla fine della quale si arriva da qualche parte.
(Devo dire personalmente che più volte sono stato deluso da ambienti "offline" in cui non si arriva mai da nessuna parte e in cui, specialmente come giovane, non ho sentito di avere un sistema che mi dà sufficiente spazio di manovra, ma penso che ci sia un fondo di verità in ciò che dice).
Quindi, where do we go from here?
Partiamo un attimo da where do they go from here: Mi è capitata questa iniziativa pazzesca che sembrerebbe poter salvare capra e cavoli: swapyourvote.org
L'idea sfrutta le assurdità del sistema dei grandi elettori: vuoi mostrare qualcosa ai Democratici ma vivi in uno swing state in cui Trump potrebbe vincere?
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swapyourvote ti abbina con 2 persone in stati in cui vinceranno i democratici con ogni probabilità, in modo che il tuo desiderio di un voto a un candidato terzo venga applicato lì (e due volte!), mentre tu voti per Harris negli swing states per evitare la vittoria di Trump. Porca miseria adoro l'ingegno umano.
Penso però che ci siano delle conclusioni che possiamo trovare anche noi fuori dagli USA.
La prima è che il sistema 'il vincitore prende tutto' non può che creare questi conflitti. Non può che portare all'infinito a situazioni in cui pensi di dover votare il meno peggio.
In parte per forza di cose è difficile che una persona trovi un partito che la rappresenta al 100% senza alcun minimo disaccordo.
Io da quando ho facoltà di voto non l'ho mai trovato un partito su cui ho letteralmente zero dubbi, e naturalmente anche alle ultime europee ho votato con qualche remora.
Questo problema è anche legato a come strutturiamo la tecnologia del voto: il sistema di votazione che abbiamo non è l'unico possibile, e sistemi diversi potrebbero portare a risultati diversi.
Vi presento il voto alternativo, o ranked choice voting, di cui ogni tanto si sente parlare.
L'idea è che invece di scegliere un candidato fai una classifica dal primo all'ultimo, in ordine di quanto ti piace il candidato. Che ne so, magari potresti votare al primo posto Stein, al secondo Harris, e al terzo Trump.
A che serve? Serve in modo che votare un partito piccolo non svantaggi i partiti più simili: nel momento in cui dai conti Stein non vince, i voti che avevano Stein per prima passerebbero a Harris automaticamente, una sorta di ballottaggio istantaneo (che è un altro nome per questo sistema).
In questo modo secondo alcuni verrebbe limitata la forte polarizzazione, favorendo appunto partiti più piccoli ed eliminando il dubbio del 'voto il meno peggio'.
Naturalmente su questo sistema ci sono anche dei dubbi, e non lo so se è il sistema migliore possibile e ovviamente non è l'unico pezzo del puzzle di una democrazia funzionante, però insomma, food for thought.
La seconda conclusione che mi porto a casa è che la politica è compromesso e pratica, oltre che idee. Alla fine dei conti, non mi sentirei di condannare una persona che vota Stein, ma nemmeno una che vota Harris.
È ok parlare con persone con cui non sei totalmente allineato, e votare qualcosa non deve essere una condanna che ti lega per sempre a chi hai votato.
PS: cazzo mi sono scordato di dire qualcosa su Jeff Bezos che ha bloccato l’endorsement del Washington Post a Harris e dell’articolo che ha poi pubblicato per giustificarsi parlando in prima persona plurale dei giornalisti come se lo fosse. E anche la questione della Supreme Court, Vabbè poi in caso recuperiamo
Dai, condividi sta lettera peffavore
cosine belle
Dai, tema elettorale. Vi lascio la mia raccolta di preferiti su TikTok in cui trovate i video di cui vi ho parlato e altro: eccola.
Ma vi lascio anche:
🎤 Billy Eichner per strada che urla con Will Ferrel per supportare Kamala Harris. Big energy.
👕 Walter Masterson spiega a un supporter di Trump come funzionano i dazi. È meraviglioso, perché lui vende magliette, che però sono prodotte altrove, solo che non ha pensato che i dazi...li pagherebbe lui.
✈️ Elijah Daniel trolla Trump da anni, al punto che è finito su una No Fly list.
🪞 JD Vance, candidato VP, vede che le scritte in webcam sono specchiate, e prova a sistemare...mettendo la camera sottosopra.
🌪️ supporter di Trump dicono a The Good Liars che il governo ha creato gli uragani per ottenere terreni.
🍎 Walter Masterson fa dire a un supporter di Trump che bisogna riprendersi i mezzi di produzione.
Dai, ci vediamo. Martedì non so ancora che maratona elettorale guardare, voi che fate? che ne pensate di tutto ciò? Ditemi in risposta! PS: sto iniziando a caricare anche i miei video brevi su Youtube, perché stanno consentendo short fino a tre minuti. Se vi va di supportarmi anche lì ve ne sarei grato!
PPS: appena dopo la pubblicazione è uscito il nuovo episodio di Last Week Tonight che tratta (naturalmente) di questo tema, check it out:
Ci sentiamo presto cia ciao 👋